Ha pochi giorni di vita la delegazione appena nata all’interno delle mura di Verona. «Siamo proprio all’inizio – esordisce la volontaria Patrizia – ma speriamo di coinvolgere altre persone». Il suo incontro con la Fondazione è avvenuto avvicinandosi a un banchetto. Lì ha incontrato Alessandra, oggi neoresponsabile di delegazione. Uno scambio di contatti e presto hanno iniziato a trovarsi a fare del volontariato nella sede FFC. «In seguito abbiamo cercato di fare qualcosa di più», spiega Patrizia.
Alessandra ha due bimbe piccole, di sette e cinque anni, una malata di fibrosi cistica, l’altra sorda. «Ci ho messo quattro anni a venire in Fondazione. Prima – dice – non ero pronta: dovevo rielaborare il mio lutto. Un giorno Marina mi ha invitato a passare dalla postazione che organizzavano per la festa della mamma. Sono arrivata alle 14 e me ne sono andata alle 18. Ti trovi improvvisamente con persone che parlano la tua stessa lingua. Sono tornata a casa che ero un leone. Per la prima volta in vita mia non subivo la malattia e potevo dirmi: “Io oggi ho fatto qualcosa per sconfiggerla”».
Conclude Alessandra: «Il problema non è il tempo, ma avere la forza di mettersi a nudo con le persone. È una malattia bastarda perché non la vedi e ancora di più lascia spazio allo scetticismo della gente. È difficile, per chi è direttamente coinvolto, imparare ad accettare l’indifferenza delle persone. Per te è importantissimo, per loro no. E la sfida è quella di convincerli».
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