Gabriella Lister è un cittadino del mondo. Parla italiano, spagnolo, francese e un poco di inglese. Ha viaggiato molto in gioventù. Ora risiede a Torino. La fibrosi cistica incrocia la sua storia lontano nel tempo e nello spazio. «Rimasi affascinata dal modo di lavorare del professor Mastella. Era al Centro di cura giorno e notte; trasmetteva una grande passione e il senso della presa in carico del paziente. Ti faceva anche i cicchetti, ma il suo modo di essere sempre lì era importante. Un’equipe, quella dell’epoca, che credo non si possa riprodurre più», ricorda.
Il professore andò in pensione, ma appena a Gabriella giunse la notizia che aveva creato una fondazione di ricerca, le venne voglia di raccogliere fondi. «Per me è stato un antidepressivo. Mi sono sentita attiva rispetto a qualcosa che avrebbe potuto travolgermi. Io e mio marito pensavamo che per nostro figlio sarebbe stato importante vedere che noi ci credevamo e avevamo un atteggiamento positivo: non gli si voleva dare l’impressione di essere un condannato. La nostra filosofia è sempre stata: non importa quanta vita, ma che sia buona vita. Più sarà contento, più avrà voglia di curarsi».