I primi testimoni del cammino FFC. Eleonora Crocè

Eleonora Crocè-min

Ho deciso di non vivere nell’intimo la malattia, ma di essere in prima fila per fare qualcosa.

«Prima di sapere dell’esistenza della Fondazione pensavo a cosa avrei potuto fare, ma l’unica risposta che mi davo era che da sola non sarei arrivata da nessuna parte. In FFC ho trovato la possibilità di condividere una situazione, di non sentirmi sola, di trovare una famiglia parallela, ma soprattutto di costruire un domani diverso per i miei figli. Non ho mai pensato che qualcun altro dovesse risolvere i problemi per me, perciò è stato naturale prendere in carico un problema che mi coinvolgeva direttamente. Ho deciso di non vivere nell’intimo la malattia, ma di essere in prima fila per fare qualcosa. Ho visto la Fondazione cambiare, crescere, spiccare il volo. Tanto cresceva, tanto crescevano, con i nostri figli, le aspettative. Non sarà mai abbastanza quello che si fa ma, agendo, la malattia si trasforma da una montagna che non sai se sarai in grado di scalare a un ostacolo oltre il quale potrebbe esserci un domani.
“Il tuo calvario sta iniziando adesso” mi disse una mamma fuori dalla sala del test del sudore. Mi è rimasta dentro questa frase come un grosso dolore, che è diventato un monito da sempre. Mi sono detta che non mi sarei mai espressa con qualcuno in quel modo, che no, non era vero, non sarebbe stato così e non sarebbe stato qualcun altro a decidere che sarebbe andata in quel modo. Di fronte a quasi tutto puoi fare qualcosa. Quello che ho fatto in questi anni non ha trovato un’accettazione così forte da parte della mia famiglia. Ho un figlio adolescente e non è felice di avere sotto gli occhi tutti i giorni questa mia attività. Più prendi consapevolezza della malattia più vorresti nascondertela. Credo che questo regalo possa arrivare a comprenderlo più in là. Spero che possa accettare di avere una mamma per cui i fatti, questi fatti, devono contare più di altro. Potrei regalargli momenti che ci portino altrove, ma bisogna rimanere qua, non distrarsi, guardare in faccia la fibrosi cistica e provare a sconfiggerla. L’augurio è che al di là delle mie parole, che tentano di spiegare e non ci riescono, lui e loro possano imparare dall’esempio e non dalle parole che non bisogna fermarsi mai. Spero che un giorno possano capire che il tempo sottratto loro è stato usato per fare qualcosa per loro».

Eleonora Crocè, Delegazione FFC del Lago di Garda

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