Paola ha conosciuto la fibrosi cistica prima indirettamente, poi direttamente.
A pochi anni dalla sua nascita, è stata diagnosticata la patologia al fratello Maurizio. Al tempo la malattia era poco conosciuta e gli esami molto approssimativi, così lei era risultata negativa al test del sudore. La diagnosi per lei arriva più tardi, quattro anni dopo aver perso l’amatissimo fratello. “Iniziai a curarmi, ma in modo irregolare: era il mio atto di ribellione. Ero arrabbiata con il mondo e con il destino. Non ne parlai mai con nessuno del mio malessere, neanche con l’amica più cara. Non raccontare a nessuno della malattia era l’unico modo che avevo per negarla anche a me stessa.”
La sua vita è stata cadenzata da continue acutizzazioni che più volte l’hanno costretta al ricovero. L’ultima, la più grave, arriva nell’estate del 2013 che la porta ad iniziare l’ossigenoterapia notturna e sotto sforzo. Visto l’aggravato stato di salute, decide di chiedere il prepensionamento per il lavoro di amministrativa nell’ospedale della sua cittadina, iniziato 16 anni prima. “Non me ne sono mai pentita.